• Cetara dal mare
  • Colatura di alici
  • coppia al ristorante
  • pescatore
  • Cetara dal cielo
  • Torre all'alba
  • Cetara di notte

Cetara è un piccolo borgo di pescatori della Costiera Amalfitana incastonato tra mari e monti. È da sempre considerata meta turistica di nicchia grazie al suo profondo legame con le attività economiche tradizionali, in primis la pesca, conservando così, praticamente intatto, il suo fascino di borgo marinaro. Il legame con il mare, che bagna la parte bassa del paese, insieme alle montagne che la circondano nella parte alta, conferiscono al paese una particolare conformazione ad anfiteatro che, ad oggi, caratterizza il borgo rendendolo approdo di turisti in cerca di arte, sostenibilità, promozione e valorizzazione dei territori naturali nonché delle eccellenze gastronomiche.
Il borgo è famoso anche per la Colatura di Alici D.o.P e per lo Sfusato Amalfitano I.g.p

Grandinetto d'Aulisio

Nato a Cetara, visse ai tempi del dominio Aragonese. Fu lui che insieme ad un gruppo di compatrioti salvò Federico, secondogenito del Re Ferdinando che era tenuto prigioniero presso la torre della marina di Salerno dai baroni ribelli con i quali era andato in quella città per trattare la pace. L’episodio, passato alla storia come "La congiura dei Baroni", è ricordato su una lapide presente nella chiesa parrocchiale di S. Pietro Apostolo a Cetara.

Pare che Grandinetto possedesse anche degli schiavi, tanto che nel novembre del 1495 ne vendette uno “nero di nome Phago di anni 20 circa” all’Arcivescovo di Amalfi, Andrea Cunto. Si pensa anche che dal modo in cui concorse alla liberazione di Federico possedesse anche varie barche adibite alla pesca ed al traffico. Essendo morto il Cardinale Giovanni d’Aragona, figlio di Ferdinando, il 17 ottobre 1485 ed essendo vacante la sede del seggio secolare dell’abbazia di S. Maria di Erchie il Re ne approfittò per rendere a Grandinetto un primo segno di riconoscenza per i suoi servigi intercedendo presso il Pontefice, affinché l’abbazia venisse data in commenda ad Anton Francesco d’Aulisio suo figlio. Mentre la tomba è andata distrutta, la lapide murata a circa 3 metri dal pavimento si trova nella chiesa di S. Pietro Apostolo. 

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